Il viaggio dentro Libere super Woow continua alla scoperta di luoghi inesplorati dove donne tenaci e intelligenti scelgono di avventurarsi per trovare il proprio posto nel mondo.
Questo mese è il turno di una libera professionista, Chiara Maggiore, psicologa interazionista che ha scelto la scrittura e la narrazione come strumento guida per il suo viaggio personale e professionale. Quello interazionista è un modo di fare psicologia che ha a cuore contesti, ruoli e interazioni, un approccio che l’ha portata ad abitare realtà diverse – tra cui anche organizzazioni come Save The Children – e che continua a tenerla costantemente vicina allo studio e alla formazione, suoi “sport” preferiti.
Per Chiara aprire la Partita IVA ha significato mettersi all’opera e al servizio, perciò non vogliamo sottrarle altro tempo: passiamo a lei il microfono!
Ciao Chiara, grazie per essere qui. Presentati un po’ e dicci da quanto hai incontrato il mondo delle “libere”, divenendo libera professionista
Ho 35 anni freschi freschi, sono pugliese di nascita ma sono tornata a vivere al sud da pochi anni, dopo aver percorso molta strada e aver intrecciato e tagliato diversi fili. Fuori e dentro.
Dopo una breve esperienza romana nel campo della comunicazione sociale e del giornalismo quando ancora studiavo Scienze Politiche, ho fatto un’esperienza straordinaria che mi ha cambiato la vita. Ho deciso così di rimettermi a studiare e mi sono iscritta alla facoltà di Psicologia a Padova, lì ho approfondito molto – non tutto – rispetto “a quello che ci riguarda” come esseri umani, capendo che non si capisce poi molto.

Sono diventata “libera” da subito. Dopo l’abilitazione alla professione, ho aperto la partita iva che oramai è giunta al suo quinto anno. Ho iniziato immediatamente con le consulenze psicologiche, ma anche con lavori paralleli in ambito organizzativo, principalmente del terzo settore, incoraggiata da un’ulteriore formazione sull’imprenditoria sociale e sulla leadership.
Possiamo dire quindi che: non hai avuto dubbi nel diventare libera professionista?
Diciamo che appartengo a quella categoria di professionisti che, poi, di scelta non ne hanno molta se vogliono andare fino in fondo a ciò per cui si sono formati. Ho abitato contesti differenti che spaziano dalla clinica nelle comunità all’ambito organizzativo, passando anche attraverso un servizio di emergenza.
In Italia, la figura dello psicologo si muove principalmente nel privato sociale anche perché per il pubblico si richiede un’ulteriore specializzazione di 4 anni che non tutti possono permettersi.
Si resta ‘liberi’ per non piegarsi verso altri lavori che rischiano di far perdere per strada il senso dell’aver iniziato, un po’ di tempo prima, con un’idea precisa. Quando sei una libera professionista, infatti, devi pensarti sia rispetto al presente ma soprattutto guardando al futuro. Guardare oltre ti insegna a mettere un piede davanti all’altro con strategia e sostenibilità, salvo dover rinunciare ai tuoi sogni prima del previsto.
Quello che sto capendo è che la condizione di “libera”, per quanto complessa e fatta di grattacapi continui, è quella che sento maggiormente cucita addosso. Se è vero che le esperienze precedenti erano troppo brevi per definirle un’alternativa plausibile, è vero pure che nella libera professione mi sono buttata. Proprio come quando sei su un trampolino e devi tuffarti ma inizi a contare i metri che ti separano dall’acqua e senti le vertigini e il vociare dietro di te.
Ad un certo punto se aspetti troppo rischi di rinunciare e tornare indietro. Cosa costa di più? Rinunciare o tuffarti? Io mi sono buttata, con tutto il rischio che ha comportato.
La narrazione sulla P. IVA continua a essere quella di una scelta non facile, nonostante i numeri continuino a crescere e le riforme fiscali per gli autonomi pure. Tu che esperienza hai?
Non credo molto nelle cose facili. La P. IVA è una di quelle scelte, soprattutto se vieni dal sud, difficilmente condivisa dalla tua famiglia che, preoccupata da tutta l’incertezza che ti sei scelta, tende a spingerti verso il “porto sicuro”. Ma diciamoci la verità: i tempi son cambiati da un pezzo! Quale porto sicuro?
Non posso dirti che è stato semplice. Sono dovuta letteralmente entrare nel fitto bosco dell’ignoto, imparando passo dopo passo, con una mappa costruita nel mentre, come districarmi per andare a vedere le stelle senza imbattermi nel drago furioso (non avevo mai raccontato la partita iva ha in modo così fiabesco!).

Però permettimi di dire una cosa: perché una scelta dovrebbe essere facile? Che cosa la renderebbe desiderabile? Perché avrei dovuto preferirla a questa?
Credo che il faro sia sempre negli obiettivi che ci diamo. Se sappiamo dove voler andare, ci attrezziamo con tutto quello che occorrerà.
L’indirizzo da dare alla propria attività professionale, la solitudine nelle scelte lavorative, il sentirsi continuamente alla ricerca di pezzi mancanti. Con che spirito ti poni di fronte alla quotidianità della P.IVA? E come neutralizzi le sensazioni da giornata NO?
Certo che non ci vai leggera con le domande, eh?!
Descritta così sembra la condizione lavorativa di una persona particolarmente devota alla sofferenza ed alla fatica! Adesso però ti dico una cosa: la p. iva assomiglia alla vita. E la vita è tutto ciò che facciamo accadere quando ritroviamo quei pezzi mancanti, oppure quando capiamo che rimarranno sempre un po’ mancanti.
Ho l’impressione che spesso questa faccenda della “libertà” si trasformi in un confronto, più o meno manifesto, con altre formule lavorative che danno luogo a spaccati differenti. Ed è chiaro che il paragone non regge.
Quando hai una p. iva sei obbligato a essere “protagonista”, a stare sulla scena sempre, a vivere in prima persona successi e fallimenti. Non puoi dare la colpa a nessuno e non puoi dire che “non dipende da te”. Ma c’è spazio per tanta creatività e questo è quello che mi piace di più.
Quando ho una giornata NO la mia strategia è: usare il paradosso per venirne fuori.
Sono agitata? Agisco con lentezza. Sprofondo nell’insicurezza? Esco fuori a passeggiare e mi distraggo. Temo il fallimento? Mi metto a progettare e fare proposte.
Ecco: la giornata NO è la giornata che arriva per spronarmi e confermare i miei Sì.
La tua comunicazione online passa dagli account social (Facebook e Instagram)
Attraverso veri e propri racconti quotidiani – che definirei meditativi – accompagni a scoprire le infinite possibilità dell’essere umano. Come sei giunta a questa scelta che ti identifica sempre di più?
È molto bello quello che dici. Se devo essere sincera, è meno ‘pensato’ di quel che può sembrare e so che questo risulterà in controtendenza con quello che ci diciamo oggi sull’imperativo del promuoversi. Ho iniziato a scrivere quando ero molto piccola. Ho sempre scritto per qualcuno: prima lo facevo per me stessa, poi ho avuto una fitta corrispondenza con quello che è stato per anni il custode della mia crescita, infine ho iniziato a usare i social come mio blog personale.
La verità è che, nel corso della giornata, ci sono talmente tante cose che annoto dentro di me che scriverne alcune è il modo che ho trovato per trasformare il mio mondo pieno di parole e immagini in una piazza dove raccontarsi e incontrarsi.
Non solo: a un certo punto, ho capito che se volevo provare ad aprire qualche finestra nel pensiero comune, dovevo metterci la penna. La mia.

Dall’essere una mia qualità personale, allora, si è trasformata in responsabilità scientifica, culturale e persino politica. Oggi narrare è il mio sestante per il viaggio che compio nel mare dell’incertezza e l’occasione per spostare le pietre granitiche dei pregiudizi che riguardano ciascuno di noi.
Se non impariamo a guardarci come stelle, finiremo per considerarci abbagli che sporcano la notte.
Oggi si fa un gran parlare di Work Life Balance. Come si colloca il lavoro agile rispetto alla tua attività lavorativa?
Quando usiamo le definizioni, ci mettiamo dentro un’infarinatura di generalizzazione che non sempre aiuta. L’equilibrio per ciascuna persona può avere dei confini e delle posture differenti. Quello che sicuramente è chiaro è che è una competenza anche questa, e va allenata. Chi è libera professionista non ha un cartellino da timbrare, non c’è un orario che scatta con precisione, ma questo può essere un tranello. L’assenza di limiti mette a dura prova la nostra capacità di individuare quando è il momento di fermarsi. Ecco: lì inizia l’equilibrio secondo me. Fermarsi sul lavoro, dirsi che magari si potrebbe continuare, ma si vuole fare altro.
Lo immagino come un progetto da scrivere tra sé e sé, dove decidere quali sono i “pezzi” (lavoro, affetti, sport, passioni, ecc.) e come tenerli assieme.
Il lavoro agile è una modalità lavorativa che utilizzo e che mi viene dietro in tutti i contesti che frequento. Il mio dover viaggiare senza lasciare nessuno indietro diviene possibile nella misura in cui, proprio come ho fatto qualche sera fa, dopo un pomeriggio tra aerei e autobus, entro nella mia stanza d’albergo e incontro online una persona che seguo.
Agile è una parola importante e dice velocità. Permette di esserci in più posti contemporaneamente. Anche qui, però, serve prestare attenzione per non scivolare sulla propria smania di stare sempre sul pezzo. Le regole cambiano, ma le esigenze restano.
Idee, idee, idee. Come dare un ordine e non lasciare che la creatività prenda il sopravvento? Hai una giornata tipo da raccontarci?
Avrai capito che no, non esiste. La mia agenda da libera professionista è Google Calendar, che è un concentrato di coriandoli (così appare a occhio nudo). Appuntamenti che variano e si spostano, da una settimana all’altra, con nomi che tornano e altri che cambiano. E poi progetti, progetti, progetti. Io penso di avere un po’ la mania del controllo (sì, anche noi psicologi siamo umani!), per cui a volte prendo nota anche di risposte che devo dare a qualcuno.
Nella mia settimana, tendenzialmente, ci sono: due giornate in comunità, studio privato, incontri con colleghi per progetti, tempo per lo studio, tribunale, frequenza della scuola a Padova per lavoro; poi, però, ci sono anche gli sport che faccio, le cene che organizzo, il tempo che mi piace chiamare “di nutrimento e fioritura”.
Ho una mente estremamente creativa che, senza strumenti, si trasforma in caos. E dove c’è caos e confusione, si rischia il blocco o di essere inconcludenti. Ordinare, a volte, è sinonimo di salvare.
Hai in mente un progetto personale che intendi sviluppare e portare avanti in questo nuovo anno di cui ti va di parlarci?
Questa domanda mi fa sorridere, perché ho sempre dei progetti in cantiere! Un mio amico mi chiamava “Broker di progetti”. Però sì, uno importante ce l’ho: ha a che fare con la mia realizzazione esistenziale e lo sviluppo professionale. Sento che i tempi sono maturi per – oltre a sfrecciare tra le cose che ho raccontato fin qui – rallentare e dedicarmi a ciò che mi piace veramente. È ora di mettere in cantiere quello che prima era in cantina.
Intendo portare qui in Puglia quanto sto apprendendo in Veneto da anni: un modo di fare psicologia che ha a cuore contesti, ruoli e interazioni.

L’idea è quella di promuovere lo sviluppo di uno sguardo sull’uomo che non tramuti la sofferenza necessariamente in malattia, ma che scorga alternative esistenziali capaci di trainare verso destini differenti. Protagonisti tutti, insomma.
Per il momento non posso dirti di più, ma chissà che più avanti…
Prima di lasciarci – come faccio sempre – ti chiedo: se dovessi dare 3 consigli a una donna che ha in mente un’ottima idea e vuole lanciarsi con il paracadute nel mondo delle “libere”, cosa le diresti?
La prima cosa è: non è detto che quel paracadute si apra! Dopo la mazzata necessaria per partire consapevoli, ho due versioni dei 3 consigli: quella concisa e quella ampia.
La prima:
- Ascoltati!
- Confrontati!
- Studia!
La seconda:
- Occupati di ascoltare la te che ha deciso di realizzare questa idea e mettila in relazione a tutte le altre te che dovranno coesistere con questa – fate delle tavolate insieme di tanto in tanto e ricordatevi di condividere un obiettivo, oltre che un bicchiere di vino!
- Scegli delle persone fidate, sia sul piano tecnico che affettivo, con le quali confrontarti periodicamente e mantenerti flessibile per eventuali battute d’arresto. Sentire di essere parte di una “rete” ci può rendere ancora più “libere” di prima;
- Studia, studia, studia! Non usare solo l’entusiasmo per fare le cose. Verranno dei momenti in cui non ti basterà né l’esperienza né il resoconto di qualcun altro. Solo se studierai potrai essere creativa e garantire innovazione e futuro alla tua idea!
E poi, sì lo so che me ne avevi chieste tre ma c’è la REGOLA D’ORO: Rischia! Perché senza rischio il mondo non cresce e tu non fiorisci. In bocca al lupo. E se sceglierai la “Libertà”, allora: benvenuta a bordo!
Il viaggio della libera professionista inizia
Grazie Chiara e grazie a chi ci ha seguito alla scoperta anche di questa nuova storia (leggi le altre storie da libera professionista: Libere super Woow). Il viaggio per chi sceglie di diventare “libera” inizia, come ha ben detto Chiara, ma per noi continua con la prossima intervista.