Comunicazione inclusiva: molto più che un simbolo

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La comunicazione è un potente strumento, oserei dire Lo Strumento! Un mezzo di espressione che negli ultimi decenni ha subito un enorme cambiamento con l’avvento del digitale, il quale permette di accorciare le distanze tra le persone, arrivando dall’altra parte del mondo in un battito di ciglia. Siamo sempre più connessi attraverso immagini, contenuti, testi utilizzando molteplici sfumature di linguaggio. In questo articolo affronteremo l’argomento della comunicazione inclusiva e come poterla utilizzare nella comunicazione quotidiana, anche se siamo libere professioniste.

Cos’è la comunicazione inclusiva? L’inizio del cambiamento

Viviamo in una società dove convivono tante differenze che ci contraddistinguono per: età, etnia, sesso, provenienza geografica, educazione e religione. Lavoriamo, tessiamo relazioni d’amore, amicizia, socializziamo, ammiriamo opere d’arte ed esprimiamo opinioni, pareri e tanti (troppi) giudizi. 

Esprimiamo la nostra gioia, paura, felicità con le espressioni del viso, gesticolando con le mani per dare enfasi alle parole pronunciate verbalmente o contenute in uno scritto, in un testo, un’immagine.

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Trascorriamo la nostra esistenza, utilizzando varie forme di linguaggio per comunicare con gli altri, attraverso regole condivise che seguono processi evolutivi storici. Condividiamo con la nostra comunità un linguaggio che se da un lato unisce, dall’altro tende ad escludere le persone che provengono dall’esterno. Una forma di linguaggio in mano a pochi eletti che solitamente tende ad innalzare barriere ponendo confini che ne riducono la comprensione, conseguentemente un libero accesso ai servizi. Prendiamo per esempio:

  • il burocratese. Utilizzato dalla Pubblica Amministrazione per i propri atti ufficiali, la comunicazione con il cittadino ecc;
  • il medichese. Proveniente dalla Sanità per scrivere ricette, terapie e diagnosi;
  • o il legalese, riguardante le norme civili e di convivenza nella società.

Abbiamo iniziato questo articolo affermando che la comunicazione è uno strumento potente e che in base all’utilizzo che ne facciamo, generiamo una miriade di emozioni differenti fra di loro. Il linguaggio tuttavia non è statico, ma si evolve, progredisce seguendo i cambiamenti della vita comunitaria e delle persone che la compongono (segui Vera Gheno). Per tale motivo abbiamo bisogno di una narrazione che sia in grado di raccontare abbracciando e avendo cura degli altri. Una comunicazione che includa e che non utilizzi un linguaggio fatto di luoghi comuni, pregiudizi e discriminazioni.

La lingua ha un sapore amaro, quasi dolciastro

Gli antichi affermavano che “la lingua ferisce molto più della spada” consigliando con questo proverbio di origini latine, a porre attenzione a ciò che viene detto e  come ogni messaggio possa avere un proprio peso variabile a seconda della persona che lo riceve.

Un esempio? A me viene in mente l’affermazione lessicale di “Ehi boomer!” che per chi non lo sapesse riguarderebbe tutte le persone nate tra gli anni 50 e 60 in seguito al boom economico italiano. All’apparenza due paroline messe lì a caso in una conversazione tra colleghi, amici o semplici conoscenti che hanno lo scopo di creare una risata. Un momento di ilarità che nel tempo ha assunto spessore, trasformandosi in una veste discriminatoria e denigratoria, a tratti sofferente nei confronti di una generazione.

Abbattere le barriere linguistiche per non creare stereotipi

La parola boomer è solo un esempio tra i tanti stereotipi che sovente leggo, affronto e mi scontro sul web cercando di tenere a bada le emozioni contrastanti che scaturiscono nella lettura. Una frase, una parola nascosta tra le tante che per moda, abitudine o semplicemente utilizzata senza accorgercene, con il passare del tempo va trasformandosi. Passando dall’essere un luogo comune al divenire un forte pregiudizio difficile da estirpare.

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Sì, è vero che la comunicazione avrà virato la rotta, scegliendo il mondo digitale a discapito dell’universo cartaceo o delle chiacchiere al bar, tuttavia il concetto di base rimane sempre attuale. Il linguaggio avrà sempre un forte impatto sugli altri se glielo permetteremo, e il web con la sua corsia preferenziale dell’anonimato, è un’arma a doppio taglio. Dimenticandoci sovente che al di là di un monitor, uno schermo o uno scrollare del telefono esistono persone reali più che intelligenze artificiali a risposta comandata.

Abbasso gli stereotipi e le discriminazioni

Abbiamo osservato che la comunicazione per essere inclusiva necessita di essere libera da parole, schemi e tono di voce che riflettono pregiudizi, discriminazioni, stereotipi nei confronti di determinati gruppi di persone.

Un linguaggio non ostile e consapevole è frutto di comunicazione precisa, efficace e che sappia coinvolgere le persone.

Per poterlo fare è bene tenere a mente che i contenuti siano:

  • senza stereotipi di genere;
  • senza frasi razziste;
  • senza discriminazioni in base all’età, al fisico e al corpo;
  • non discriminano le persone con disabilità;
  • semplici, di facile lettura.

Una comunicazione senza stereotipi, cliché o necessità?

Le donne sono madri, amorevoli, il cuore del focolare domestico, gli uomini del sud fanno solo confusione e puzzano, gli stranieri rubano il lavoro agli italiani sono alcuni stereotipi che sovente si utilizzano per rafforzare un’opinione, un fatto o una vicenda. La prima regola di una comunicazione non ostile ed inclusiva parte proprio da un linguaggio esente dai luoghi comuni, dalle discriminazione, dai cliché e dagli stereotipi.

La comunicazione inclusiva rispecchia una necessità sociale in continua evoluzione ed è importante utilizzare un linguaggio che sappia rappresentare ogni persona nella sua individualità. L’italiano, come altre lingue romanze, presenta regole grammaticali che non permettono l’uso di forme neutre ed utilizza il maschile sovraesteso (es. clienti, tutti, cari).

La scrittura inclusiva

Come possiamo riorganizzare la nostra comunicazione in particolare quando riguarda contenuti e testi, rendendola inclusiva? Scrivendo in maniera semplice che non significa banale preferendo:

  • la forma passiva dalla forma attiva (facile da leggere anche per le persone con disabilità visive);
  • escludendo le parole che non diresti nel parlato;
  • dividendo in paragrafi e non inserendo blocchi di testo;
  • dimenticando il maschile;
  • non abusando delle emoji.
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Nella scrittura spesso si sceglie di inserire un asterisco per includere chiunque legga, oppure il simbolo chiamato Schwa, dedicato proprio a rendere la scrittura inclusiva (per tutti, al di là del sesso o al di là del fatto si rispecchino in qualcosa o meno). Non è una scelta semplice a livello stilistico, in quanto richiede molta attenzione e cura dei dettagli (su Instagram assistiamo spesso a tanti tentativi che però nascondono errori formali. Traducendo: ok usare la Schwa solo se tutto il testo è inclusivo, altrimenti è come una nota stonata).

Comunicazione inclusiva e libera professione

Come vedi anche le libere professioniste possono tranquillamente decidere di adottare questo tipo di comunicazione, ma attenzione, vale ancora la regola della Coerenza narrativa! Cosa significa? Vuol dire incastonare (proprio come un diamante) il racconto inclusivo nella comunicazione, ma sempre ponendo attenzione a:

  • contesto narrativo;
  • target di riferimento;
  • tono di voce;
  • argomenti trattati.

Insomma, essere inclusivi, care libere non è una moda, ma un modo di vedere e vivere le cose! Quindi utilizza questo tipo di comunicazione solo se fa parte davvero dei tuoi valori, se concilia con il tuo target e se è un’evoluzione naturale dei tuoi contenuti!

In pratica: no alle forzature, no al “ma lo fanno tutti”, no alla superficialità!

In conclusione

Comunicare, scrivere o parlare in maniera inclusiva richiede un grande sforzo che avrà bisogno di scalfire tutte le convinzioni e i costrutti cognitivi assorbiti nel corso della nostra crescita. Personalmente trovo molto utile prima di condividere un contenuto. un testo in rete ispirarmi ai dieci principi di stile contenuti nel Manifesto della comunicazione non ostile.

E non solo! Prima di condividere un contenuto,  premere il tasto pubblica mi assicuro che il messaggio che voglio lasciare sia inclusivo attraverso tre domande all’apparenza scomode ma necessarie:

  • il testo contiene stereotipi, pregiudizi nascosti o mette gli altri in una posizione di disagio?
  • la mia visione si basa sull’esperienza o è offuscata dai costrutti del passato?
  • il contenuto rappresenta tutte le persone o il messaggio esclude tenendo a distanza?
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Come abbiamo osservato, la comunicazione inclusiva è uno strumento ampio e potente che ha l’obiettivo di non allontanare le persone veicolando un messaggio che abbia rispetto della natura e delle scelte delle persone. È un lavoro in divenire, sicuramente non facile e immediato che necessita di tempo per scardinare abitudini, convenzioni e regole sociali.

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