Libere Super Woow #5: cambio lavoro!

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Reinventarsi da… Libera

La storia che ho deciso di raccontarti oggi è quella di Giada Roncoroni, una donna il cui percorso di vita mi ha personalmente trasmesso molto coraggio. Se anche tu ti dici spesso cambio lavoro, continua a leggere! Se ancora non conosci la rubrica Libere Super Woow, qui trovi le storie delle altre donne intervistate e hai la possibilità di farti un’idea più completa su questo spazio che è nato per ascoltare e condividere storie di libere professioniste che hanno intrapreso la strada della partita iva sfruttando le potenzialità del digital.

Proprio come ha fatto Giada che non vedo l’ora di farti conoscere, una giovane donna che ha abbandonato un contratto a tempo indeterminato in ospedale dopo aver duramente lavorato al piano B durante la sua terza maternità. Giada oggi si occupa di temi legati alla sostenibilità nel settore materno infantile, con un focus su allattamento al seno, babywearing e pannolini lavabili. Sui social è conosciuta come @verdegiada_ ma non rubo altro tempo e lascio a lei la parola!

Ciao Giada! Presentati, dicci da com’è avvenuto il tuo cambio di lavoro

Vorrei innanzitutto salutare chiunque ci stia leggendo e ringraziare Lofacciodigital per l’opportunità di essere qui. Ho 28 anni, sono infermiera, vivo sul lago di Como ai piedi delle Alpi con il mio compagno e i miei 3 bambini, e la mia partita IVA ha appena compiuto un anno. 

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Come sei arrivata alla scelta di cambiare lavoro, e quando è giunto il tuo punto di svolta?

Mi sono laureata a 21 anni in infermieristica, non avevo mai lavorato prima perché era un’università piuttosto impegnativa essendo professionalizzante. Avevo un bruciante desiderio di raggiungere il prima possibile l’indipendenza economica, volevo partire con Medici Senza Frontiere per l’India ma avevo il pallino di pagarmi le formazioni necessarie e il viaggio da sola. Non sarebbe stato necessario perché vengo da una famiglia benestante che mi avrebbe sostenuto economicamente ma ho sempre sentito forte la necessità di distaccarmi da loro, almeno economicamente. Così tornai nella casa di montagna in cui mi ero ritirata a scrivere la tesi per fare un mese di tranquillità post laurea e decidere se buttarmi su un lavoro ospedaliero per finanziarmi o fare tutt’altro. 

Una sera uscii a fare aperitivo in un bar che mi piaceva tantissimo, la titolare mi diede un’occhiata e mi chiese di andare a lavorare da lei. Quella sera stessa feci una prova e scoprii che stare dietro al bancone mi veniva naturale e mi piaceva da morire. Quello, oltre a essere uno dei periodi più divertenti della mia vita, fu il mio primo lavoro tra le mie tre maternità perché un mese dopo ero incinta mentre il ragazzo che amavo era partito per l’Argentina ma non sapevamo di essere in attesa quando partì. Ci eravamo promessi di non bloccare a vicenda i nostri piani dato che ci conoscevamo da 5 mesi e che se fossero state rose sarebbero fiorite. Fiorirono nella mia pancia prima che ci separassimo.

Prima del cambio lavoro cosa facevi?

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Nel tempo lavorai anche come infermiera in assistenza domiciliare, lavoro che adorai ma che durò 3 mesi prima della mia seconda gravidanza, anch’essa inattesa e che portò a non avere il rinnovo del contratto. Nel frattempo partecipai ad un concorso pubblico, che vinsi. Fui chiamata a lavorare in un ospedale pubblico quando la mia seconda bimba aveva 10 mesi. Fu questa esperienza il punto di svolta. 

Avevo una bimba di quasi un anno e un bimbo di quasi 3 e mi sembrava di vivere per lavorare. Avevo un tempo pieno con zero possibilità di avere un part time, allattavo entrambi i miei bambini ma soprattutto fino a quel momento il nostro tempo insieme aveva conosciuto ben pochi confini. Mentre lavoravo ci trasferimmo dalla montagna al lago e ricordo benissimo tutti i viaggi in macchina verso l’ospedale in lacrime, tra il senso di colpa e di impotenza e le urla di mia figlia del momento di separazione nelle orecchie, non sarei potuta resistere più di un mese. Nel frattempo avevo iniziato a mettere le basi per il mio futuro lavorativo. Il giorno zero era davanti a me in un momento indefinito, sapevo solo di non essere pronta, nonostante Filippo – il mio compagno – mi spronasse a licenziarmi perché così non si poteva vivere, sempre in corsa nei ritagli di tempo, sempre incredibilmente stanca. Io sapevo però di volere un’altra gravidanza almeno e sapevo che avrei voluto godermela con la tranquillità di uno stipendio fisso, che intanto mi avrebbe permesso di programmare al meglio il momento del salto. 

La via di fuga… e la spinta!

Una via di fuga me la diede Maia arrivando nella mia pancia senza darmi il tempo di formulare questo pensiero. Un dono che mi permise di godermi nuovamente i miei figli come desideravo, crescendone un altro dentro di me, portando a termine il trasloco e intanto nutrendo il mio progetto. Ero infermiera e il lavoro a rischio biologico mi diede diritto alla maternità anticipata dal giorno della notifica alla mia caposala, ne ho un po’ approfittato? Sì ma se aspettiamo che qualcuno tuteli la maternità in Italia possiamo star fresche!

Presi dunque tutta la maternità obbligatoria e un mese di facoltativa e poi lasciai un posto statale a tempo indeterminato per seguire il mio sogno, con una bimba di 4 mesi tra le braccia.

Come si svolge una tua giornata di lavoro tipo? Come ti organizzi per conciliare tutto?

Uuuuuh pronte a piangere? No dai ultimamente grazie alla nuova babysitter ho trovato un equilibrio!

Alle 6.40 suona la sveglia, la spengo e riprogrammo per le 6.50 tornando sotto le coperte con uno sbuffo, continuo così ogni 10 minuti fino alle 7.20 quando mi arrendo e mi alzo, spesso con almeno un mini umano appresso (non sono MAI stata una persona mattiniera, non ci riesco proprio!). Alle 8.15 siamo in macchina e accompagniamo Ettore e Ambra all’asilo che è ad una decina di minuti da casa, poi torno a Colico e porto Maia dalla baby sitter per le 9. Arrivo a casa e se ho consulenze la prima è alle 9.15. Qui inizia la giornata lavorativa vera e propria. 

I giorni di lavoro sono lunedì, che dedico alla creazione di contenuti vari per i canali di comunicazione che ho attivi e per le eventuali emergenze (come mastiti e simili), martedì e venerdì per le consulenze, e mercoledì per i corsi. La mattina lavoro in orario 9.15-12 poi vado a prendere Maia, mangiamo insieme e alle 13.15 andiamo a prendere i grandi, tranne il martedì che stanno fino alle 16.30. Poi quasi ogni giorno lavoro dalle 21, dopo averli messi a nanna, a mezzanotte circa per recuperare mail, editare contenuti e varie ed eventuali.

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Ciò che rimane spesso indietro in tutto ciò è la casa. Spesso ci sta dietro Filippo che però esce alle 6 e rientra alle 17.30, quindi fa quel che riesce. Spesso diciamo che se avessimo qualche avanzo economico la prima spesa sarebbe una donna delle pulizie!

Il tuo spazio verde

Il tuo cambio lavoro ti ha condotto a questo tuo “spazio verde” con le unghie e con i denti, potendo contare spesso sull’appoggio di una sola persona: il tuo compagno Filippo. Quali le principali difficoltà che hai incontrato a livello personale, professionale, culturale, sociale?

Che domandona! Di sicuro Filippo è stato eccezionale in questo ma insieme a lui una delle mie migliori amiche è sempre stata un gran sostegno. Se parlando in giro spieghi che il tuo lavoro è affittare pannolini lavabili la gente pensa tu sia una povera fallita, infatti io mi vergogno ancora un pochino a parlare di questa parte del mio lavoro, invece Filippo da sempre ogni volta che qualcuno gli chiedeva che lavoro io facessi spiegava tutto in ogni dettaglio con orgoglio. Sicuramente da parte dei miei genitori ci fu scetticismo: lasciare un posto statale indeterminato per noleggiare pannolini? Follia! Con tre figli piccoli poi. Nel tempo hanno iniziato a capire e ora approvano a gran voce la mia scelta, soprattutto quando vedono la libertà e flessibilità con cui gestisco il mio tempo. Le mie amiche e mia sorella sono sempre state più curiose che scettiche anche perché a parte mia cognata, sono l’unica del mio cerchio di amicizie ad avere la partita IVA e se anche all’inizio immagino abbiano pensato fosse una follia, non me lo hanno mai detto.

La famiglia di Filippo invece è una famiglia di imprenditori sotto varie sfaccettature e non mi hanno mai espresso un’opinione contraria. Anzi mio suocero è il mio follower più fedele! (ride ndr.)

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Al di là delle consulenze babywearing, hai poi fondato una pannolinoteca. Come sei arrivata a quest’idea e come hai pensato che potesse fare la differenza un’idea così fuori dagli schemi?

Credo fermamente nell’importanza di insegnare ai nostri figli un mindset ecologico e tutto parte dall’educazione e dall’esempio. I nostri genitori ci hanno lasciato in mano un mondo schiavo dell’epoca dell’usa e getta, del boom economico che hanno vissuto, un mondo di oceani di plastica. Noi dobbiamo essere, come genitori, la generazione del cambiamento. Ormai tutto ci sta gridando a gran voce che è forse troppo tardi per modificare la direzione in cui andiamo, ma io so che in un solo anno di lavoro sono state centinaia le famiglie che ho ispirato e supportato nel passare a pannolini e assorbenti lavabili, all’eco cosmesi, al riciclo, allo scottex lavabile, al comprare usato, al minimalismo. Poche centinaia sono niente di fronte a miliardi, lo so, ma l’oceano è fatto di tante piccole gocce d’acqua, no? I miei figli cresceranno con il ricordo dei pannolini lavabili e forse farà parte di loro quando saranno genitori. Le mie figlie cresceranno con intimo da ciclo per le loro mestruazioni e magari ne parleranno con le amiche. Nasce tutto da qui: dalla passione e dalla necessità di fare qualcosa di concreto per il mondo che lascerò ai miei figli.

Cosa vuol dire nella tua quotidianità lavorativa avere un equilibrio?

E come si inserisce in questo equilibrio, il presidio e la gestione dei canali online che rappresentano comunque una grossa fetta del tuo lavoro? 

In realtà non ho la presunzione di parlare ancora di equilibrio, per ora seguo abbastanza il flusso. Sto studiando l’andamento perché spesso mi trovo a correre dietro a tanti aspetti che nel quotidiano lascio indietro. Sicuramente la conquista di uno spazio fisico mio, da quando Maia va dalla baby sitter, è stato un grande passo avanti. I canali online portano via effettivamente parecchio tempo, ma c’è da dire che non mi pesa più di tanto: adoro scrivere per blog e newsletter e adoro mostrarmi nelle stories di Instagram per due chiacchiere. Sinceramente ciò che meno mi piace, al momento, è montare i video per i reel. All’inizio mi ha preso un sacco, adesso sono un po’ stufa perché sono più da contenuti lenti come una lunga lettura.

Ti faccio ora una domanda più tecnica proprio relativa ai canali social. Come si costruisce una community di 21,7 mila follower su Instagram partendo da zero, e come è possibile costruirci un rapporto stabile, duraturo nel tempo che restituisca anche clienti nel frattempo? 

Dai qualche consiglio utile alle “libere” in ascolto!

Posso solo dire di non guardare i numeri e se pensi al tuo cambio di lavoro fai di tutto per realizzare il tuo sogno! Conosco quella sensazione e quell’ansia da prestazione nel guardare profili di competitor che hanno 100 volte i tuoi follower, ma se vi dicessi che molti profili da 200 k e passa follower sono totalmente artefatti? Quando apri un account Instagram, se lo contrassegni come account professionale appena raggiungi circa 200 follower inizi a essere bersagliato da offerte di acquisti di “follower reali, attivi e italiani”. Non giudico chi decide di investire i propri soldi in quel senso perché quando ti fai prendere dall’ossessione dei numeri (e stare su Instagram ti ci porta), ti sembra una spesa del tutto giustificata. Certo, si vedono i numeri salire. Ma la community? E il tasso d’interazione? E il reale interesse del tuo pubblico nei confronti dei tuoi contenuti? Una community vera che resta e soprattutto, se siete aspiranti libere, che converte in vendita si costruisce pian piano, con due uniche parole chiave: costanza e sincerità. 

Sui social ormai quasi a nessuno importa vedere l’ostentazione di una vita “perfetta” (vuoi una strategia social per non impazzire? Ti consiglio i servizi di Lofacciodigital). Ci piace seguire profili nei quali ci rivediamo e identifichiamo, profili di vita quotidiana, oppure, se siamo interessati a un determinato argomento, profili con contenuto di qualità. Un mix di queste due cose è stata la chiave per costruire una community molto solida e affezionata, ma c’è gente che ha 400 follower e lavora molto più di me. I numeri contano fino a un certo punto, sinceramente posso dire che danno solo la soddisfazione di essere visti lì accanto al profilo ma conta la costanza e l’interazione. Io ho dato molto al mio profilo specialmente all’inizio, rispondendo sempre a tutti, anche quando non ne avevo voglia a volte, e nel tempo ho trovato l’equilibrio tra ciò che voglio condividere e mostrare e ciò a cui desidero mettere un filtro nella mia vita privata.

Ultima cosa: non scoraggiatevi

I follower salgono e scendono, a volte a centinaia in una settimana quando si hanno profili grandi: Instagram è fatto per essere competitivo e secondo me in parte per spingerti a starci h 24, per creare dipendenza. Non lasciate che questo metta in discussione la qualità del vostro lavoro. Fregatevene e continuate per la vostra strada, alla fine pagherà.

Tempo della libera professionista

Rincorrere il tempo, non riuscire a separare quello della vita lavorativa da quello della vita personale, averne di libero e pensare che lo stiamo sprecando: il rapporto tra le “libere” e il tempo è spesso un problema. Ti ci rivedi in queste dinamiche? Com’è possibile trovare la quadra secondo la tua esperienza?

Su questa credo di doverci tornare quando avrò una risposta. Certo che mi ci rivedo, l’aumento del carico mentale è qualcosa di appena tollerabile all’inizio. Posso solo dire che ho imparato a fare un bel respiro e accettare che quel giorno va così, che non ne vedo la fine e che la check list sembra infinita. La lascio a metà, o all’inizio e va bene così: lo farò domani. In fondo, su ampia scala, che diavolo è quella check list? Ho fatto questa scelta per godermi il tempo e i figli, ed è giusto che io mi dia il permesso di farlo!

Idee, idee, idee

Come dare un ordine e non lasciare che la creatività (e il disordine) prenda il sopravvento? Che strumenti utilizzi per dare sostanza ai tuoi progetti?

Block notes ovunque per casa. Mi appunto le idee ogni volta che mi vengono, poi ogni tanto le raccolgo e le metto insieme. E metto in agenda il tempo per scrivere e convertire le idee in sostanza, in pagine di vendita, in video, in contenuti. Anche se sul momento non generano denaro, sono lavoro anche quelle ore lì.

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Sconforto e gestione fallimento

Lo sconforto periodico, tipo quando bisogna pagare l’anticipo sulle tasse per esempio, è uno scenario noto a chi esercita la libera professione soprattutto in questo periodo storico così complesso. Hai dei tuoi talismani personali per neutralizzare queste sensazioni da giornata NO?

Sinceramente non mi è ancora mai successo. Sono felice della mia scelta e non avevo alternative: il lavoro da dipendente non era compatibile con la nostra gestione familiare, e non lavorare del tutto avrebbe comportato delle rinunce in termini economici che non ero disposta ad accettare, quindi per me non esiste un guardarmi indietro.

Però le giornate NO ci sono senza dubbio, tendenzialmente mi aiutano gli sfoghi fisici: sistemare casa perché lavorare in un ambiente ordinato fa molta differenza, uscire a fare due passi, o meglio ancora scrivo a Filippo dei messaggi piccanti e penso a un programma interessante post messa a nanna dei bambini perché ammetto che per me è uno sfogo molto efficace.

Guardando avanti, dove ti vedi? Quali obiettivi sul medio e lungo termine ti sei prefissata?

So per certo di volere altri figli e spero tanto che almeno un altro arriverà nella nostra famiglia. Vorrei sposarmi con la cerimonia che Filippo sogna (a me basterebbe un matrimonio molto semplice), economicamente vorrei arrivare ad avere un guadagno fisso e stabile intorno ai 5000 euro al mese. Mi vedo a capo di una accademia che forma professionisti e di un ambulatorio di allattamento che sostiene direttamente le famiglie, lavorando sempre più dal vivo ma senza abbandonare l’online. Vedo ancora un ambulatorio che ospita convegni e fa formazione a operatori sempre più competenti, vedo un mio team di “fedelissimi” e poi una rete territoriale allargata. Il mio obiettivo per ora è trovare un equilibrio e riuscire a pagare le tasse dell’anno prossimo perché quest’anno ne ho pagate pochissime avendo aperto l’attività a ottobre, quindi rabbrividisco già all’idea dell’anno prossimo.

I tuoi 3 consigli per il cambio lavoro verso la libera professione

Prima di lasciarci ti chiedo: se dovessi dare 3 consigli a una ragazza che ha in mente il cambio di lavoro, perché ha un’ottima idea e vuole lanciarsi con il paracadute nel mondo delle “libere”, cosa le diresti?

  1. Ci credi? Sei disposta a rischiare? Sei disposta a fare sacrifici, sbatterti come non mai (o magari meno, dipende da dove vieni), dover fare i conti con alti e bassi e con un carico mentale davvero ma davvero importante? Se hai risposto sì, allora sei sulla strada giusta;
  2. Circondati di persone che credano in te e in ciò che stai facendo, che ascoltino i tuoi progetti in modo costruttivo e non con scetticismo, e se le trovi parla loro di tutti i tuoi dubbi: avere un secondo parere esterno a volte può fare tanta differenza. E soprattutto circondati di libere professioniste con cui condividere la tua realtà e con cui confrontarti. La parola competitor per me non esiste, se non con un’accezione positiva.
  3. Investi su te stessa. Anche se all’inizio le uscite supereranno le entrate, il cuore del tuo progetto sei tu. Se non credi in te stessa forse devi fare un passo indietro e ripartire daccapo. Ho fatto tanti ma davvero tanti investimenti nella mia preparazione (quanti soldi “andati” in corsi di formazione!) che mi hanno dato sicurezza e professionalità. Puoi investire in un percorso di coaching se non sai da dove partire, in un tuo sito web se decidi di lavorare online: non avere paura di farlo. Se non hai i fondi necessari, inizia da qualche piccola prestazione retribuita il cui frutto sarà reinvestito. Ragionare così mi porta ad alzare periodicamente l’asticella e a ripartire ogni volta daccapo! 
  4. Non ti abbattere. Ci saranno alti e bassi, se sei mamma i tuoi bambini in autunno si ammaleranno e dovrai incastrare ogni cosa ancora più di prima, arriverai ad avere ogni tanto l’agenda vuota e ti chiederai se è stata tutta una follia ma poi tornerà il sole. Soprattutto non farti abbattere dal confronto online con chi dà l’impressione di lavorare fino allo sfinimento: alcuni lo fanno davvero, ma su Instagram c’è anche molta fiction!

Stai tranquilla, il lancio è alla tua portata! Sono 4 consigli, ma importanti tutti.

Per il cambio lavoro ti occorre un piano

E allora non possiamo fare altro che ringraziare Giada (seguila su Instagram e sul suo blog) per questa iniezione di energia positiva che non è semplice istinto o lancio nel vuoto, ma è la volontà di buttare giù un piano, studiarne la sua fattibilità e poi mettersi all’opera per vederlo realizzato. 

Arrivederci all’anno prossimo con la nuova protagonista di Libere Super Woow, sempre qui sul nostro blog!

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